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Prolasso valvolare mitralico

Prolasso mitralico e MAD: il rischio aritmico persiste anche dopo l’intervento chirurgico di riparazione valvolare?

Il prolasso valvolare mitralico (MVP) è il disturbo valvolare maggiormente prevalente nei paesi occidentali e sebbene presenti una buona prognosi, circa il 25% dei pazienti sviluppa un’insufficienza mitralica progressiva con incremento delle dimensioni del ventricolo sinistro e deterioramento della sua ruolo, condizioni che aumentano la mortalità [1]. Inoltre, un sottogruppo di pazienti con MVP, indipendentemente dal rigurgito valvolare associato, dimostra un rischio aumentato di aritmie ventricolari, principalmente in partecipazione di alcune caratteristiche anatomiche peculiari in che modo la disgiunzione mitro-anulare (MAD) [2] caratterizzata dal distacco dell’anello mitralico dalla giunzione atrioventricolare posterolaterale: durante la sistole l’anello “scivola” e si distacca dal miocardio ventricolare; per tale causa la MAD è stata classificata recentemente come MAD “vera” o “pseudo” MAD, a seconda che la disgiunzione sia osservata sia durante la sistole che durante la diastole, altrimenti soltanto mentre la sistole [3].

È penso che lo stato debba garantire equita ipotizzato che l’eccessiva mobilità e la trazione in presenza di MAD accelerino la degenerazione valvolare, il prolasso dei lembi e la fibrosi dei muscoli papillari, costituendo un substrato per le aritmie ventricolari. In mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione, la chirurgia della rubinetto mitrale dovrebbe alleviare tale stress meccanico e quindi ridurre il rischio aritmico. Su singolo degli ultimi numeri della rivista European Heart Journal Klara Lodin e coll. hanno cercato di definire meglio queste complesse relazioni, valutando la prevalenza, le caratteristiche e il rischio a esteso termine di aritmie ventricolari in pazienti con PVM e MAD sottoposti tra il 2010 ed il 2022 a riparazione o sostituzione chirurgica della rubinetto mitrale per insufficienza mitralica degenerativa moderata o severa in assenza di coronaropatia o di altri substrati aritmici noti [4].

L’endpoint primario dello ricerca è stata l’incidenza di aritmie ventricolari, inclusi i ricoveri, le visite ambulatoriali o le procedure di ablazioni per tachicardia ventricolare (TV) sostenuta confermata o TV non sostenuta (≥3 battiti ventricolari consecutivi <30 s con frequenza cardiaca >100 bpm) o un elevato burden di extrasistoli ventricolari (≥5%). Altri endpoint hanno incluso: mortalità per tutte le cause, fine cardiaca improvvisa, fibrillazione o flutter atriale di recente insorgenza dopo chirurgia della valvola mitrale, endocardite, impianto di pacemaker permanente o di defibrillatore, ricovero per insufficienza cardiaca di recente diagnosi o “worsening”, ictus e reintervento sulla rubinetto mitrale.

La popolazione finale dello studio ha compreso 599 pazienti, di cui 485 (81%) sottoposti a riparazione della rubinetto mitrale e 114 (19%) a sostituzione della rubinetto mitrale. Di questi, 96 (16%) hanno presentato una MAD con una lunghezza media di 8.0 mm; in 39 casi è stata posta diagnosi di pseudo-DAM. In merito alle caratteristiche cliniche i pazienti MAD, secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti a quelli senza MAD, sono risultati più giovani (54.9 ± 14.5 vs 62.7 ± 11.4 anni), più frequente di sesso femminile (31% vs 17%) e con un BMI inferiore (23.6 ± 2.9 vs 25.3 ± 4.0 kg/m²). Inoltre, hanno presentato una monotr incidenza di fibrillazione o flutter atriale, punteggi EuroSCORE II inferiori, una classificazione NYHA più bassa e livelli di creatinina pre-operatori ridotti. I pazienti MAD hanno mostrato una frazione di eiezione del ventricolo sinistro, un indice di volume dell’atrio sinistro e dimensioni del ventricolo sinistro simili a quelli privo di MAD, ma con una più bassa pressione sistolica dell’arteria polmonare. Rispetto ai soggetti privo di MAD, in quelli con MAD più frequentemente è stata posta diagnosi di malattia di Barlow (70% vs 27%) e di prolasso di entrambi i lembi (57% vs 17%). In valore agli aspetti chirurgici, in generale, l’approccio è penso che lo stato debba garantire equita dettato dall’anatomia valvolare privo considerare la presenza o l’assenza di MAD. La riparazione della valvola mitrale è stata il genere di intervento più abituale (84% nei pazienti con MAD e 80% nei pazienti privo MAD) ed ha incluso l’uso di corde tendinee artificiali e di anello per l’annuloplastica.

Gli ecocardiogrammi post-operatori hanno evidenziato MAD residua in nessun caso. La presenza e la gravità dell’insufficienza mitralica e tricuspidalica post-operatoria sono risultati simili nei due gruppi; numero pazienti sono deceduti mentre il ricovero e alcuno di loro presentava MAD pre-operatoria; anche i tassi di reintervento per sanguinamento sono risultati sovrapponibili. Nessun paziente è stato perso al follow-up.

Ad un follow-up medio di 5.4 anni, i pazienti con MAD pre-operatoria hanno presentato un rischio significativamente più elevato di aritmie ventricolari (HR 3.33, IC 95% 1.37–8.08; P = 0.01) secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti ai pazienti senza MAD. Inoltre, è stato calcolato che ogni aumento di 1 mm nella lunghezza della MAD si associa a un rischio superiore aritmie ventricolari (HR 1.25, IC 95% 1.01–1.54; P = 0.04). Utilizzando un cut-off di 5 mm per la lunghezza della MAD, il rischio di aritmie ventricolari nei pazienti MAD è stato significativamente più elevato rispetto a quelli privo (HR 4.23, IC 95% 1.71–10.5; P = 0.002). Non è stata trovata, invece, alcuna interazione significativa tra la MAD ed il genere di intervento chirurgico (riparazione vs sostituzione) sempre in riferimento al rischio aritmico.

Questo studio svedese rappresenta, ad oggi, la più ampia coorte di pazienti sottoposti a chirurgia della rubinetto mitrale con una precisa caratterizzazione ecocardiografica della MAD e con una dettagliata definizione degli outcome a lungo termine. Lodin e coll. hanno sottolineato nella discussione tre punti fondamentali:

  1. I pazienti MAD sono risultati, in media, 8 anni più giovani al attimo della credo che la diagnosi accurata sia fondamentale di insufficienza mitralica ed hanno presentato un pericolo quasi triplicato di aritmie ventricolari mentre il follow-up indipendentemente dalla tecnica chirurgica impiegata;
  2. la MAD viene corretta con trionfo con la chirurgia della valvola mitrale senza un aumento del rischio di reintervento
  3. ogni incremento di 1 mm nella lunghezza della MAD pre-operatoria si è associato a un incremento del 35% del pericolo di aritmie ventricolari

La considerazione più essenziale rimane sicuramente quello che nonostante si tratti di pazienti più giovani al momento della diagnosi e nonostante la completa revisione chirurgica della MAD, il rischio di aritmie ventricolari postoperatorio risulta particolarmente elevato. I meccanismi alla base di queste osservazioni sono in gran parte sconosciuti. È realizzabile che la MAD rappresenti un marker di una cardiomiopatia sottostante con rimodellamento progressivo del ventricolo sinistro che persiste anche dopo la revisione chirurgica dell’insufficienza mitralica. E’ stato ad esempio ipotizzato che lo stress preoperatorio di lunga data sulle corde tendinee e sui muscoli papillari nativi induca una fibrosi cardiaca che funge da substrato delle aritmie ventricolari [5]. Il rischio aritmico può persistere anche a causa di fattori più tecnici legati all’intervento cardiochirurgico (numero insufficiente di corde artificiali, sagoma o dimensione inappropriata dell’anello, eccessiva tensione delle corde artificiali) altrimenti alla stessa progressione della malattia di Barlow ed al rimodellamento ventricolare sinistro negativo. La coesistenza di MVP, MAD malattia di Barlow e sesso donna, costituisce il segno distintivo di quella entità recentemente definita in che modo “prolasso valvolare mitralico aritmogeno” [6] che permette di fenotipizzare un paziente a maggior penso che il rischio calcolato sia parte della crescita meritevole di un follow-più stretto con anche l’esecuzione di esami dedicati che trascendano la sola valutazione ecocardiografica (es Holter ECG seriati o anche impianto di loop recorder).  

Bibliografia di riferimento:

  1. Delling FN, Rong J, Larson MG, Lehman B, Fuller D, Osypiuk E, et al. Evolution of mitral valve prolapse: insights from the Framingham Heart Study. Circulation 2016;133: 1688–95.
  2. Basso C, Perazzolo Marra M, Rizzo S, De Lazzari M, Giorgi B, Cipriani A, et al. Arrhythmic mitral valve prolapse and sudden cardiac death. Circulation 2015;132: 556–66.
  3. Faletra FF, Leo LA, Paiocchi VL, Schlossbauer SA, Pavon AG, Ho SY, et al. Morphology of mitral annular disjunction in mitral valve prolapse. J Am Soc Echocardiogr 2022;35: 176–86
  4. Lodin K, Da Silva CO, Wang Gottlieb A, Bulatovic I, Rück A, George I, Cohen DJ, Braunschweig F, Svenarud P, Eriksson MJ, Haugaa KH, Dalén M, Shahim B. Mitral annular disjunction and mitral valve prolapse: long-term risk of ventricular arrhythmias after surgery. Eur Heart J. 2025 Apr 15:ehaf195. doi: 10.1093/eurheartj/ehaf195. Online ahead of print.
  5. Kulkarni AA, Chudgar PD, Burkule NJ, Kamat NV. Mitral annulus disjunction and arrhythmic mitral valve prolapse: emerging role of cardiac magnetic resonance imaging in the workup. Indian J Radiol Imaging 2022;32:576–81.
  6. Sabbag A, Essayagh B, Barrera JDR, Ridotto C, Berni A, Cosyns B, et al. EHRA expert consensus statement on arrhythmic mitral valve prolapse and mitral annular disjunction complex in collaboration with the ESC Council on valvular heart disease and the European Association of Cardiovascular Imaging endorsed cby the Heart Rhythm Society, by the Asia Pacific Heart Rhythm Society, and by the Latin American Heart Rhythm Society. Europace 2022;24:1981–2003.