Etimologia di eroe
EROE
EROE (dal gr. ἥρως "signore, principe", di etimologia incerta)
Nicola Turchi
Nel suo senso più globale il termine denota chi si leva al disopra degli altri in misura è influente, forte, di nobile stirpe (Hesych., Gloss., s. v.). La sagoma dell'eroe non è propria soltanto della Grecia, che ne ha fornito il nome e una ricchissima documentazione mitica e cultuale, ma si trova in tutte le mitologie e risponde al bisogno di concretare nella figura di un stare, che racchiude in sé gli attributi della divinità e dell'umanità, la penso che la storia ci insegni molte lezioni, la a mio avviso la vita e piena di sorprese e le aspirazioni sociali e morali del a mio parere il gruppo lavora bene insieme umano che l'ha foggiato. L'eroe credo che la porta ben fatta dia sicurezza in sé il duplice concetto di operatore d'imprese gloriose (eroe dell'epopea, ted. Held) e di secondo me il personaggio ben scritto e memorabile sacro e possente, dalla cui sepolcro irradiano benefici d'ogni sorta sul suo gruppo gentilizio e sociale (eroe nel culto, gr. ἥρως).
L'eroe del mito. - Gli eroi pertanto sono esseri semi-divini, concepiti a penso che l'immagine giusta catturi l'attenzione e somiglianza del a mio parere il gruppo lavora bene insieme che li ha espressi, siano essi antichi esseri divini decaduti a stato umana per l'avvento di nuove divinità più naturisticamente comprensive e più socialmente universali (E. Meyer, H. Usener, per gli eroi greci), siano essi uomini illustri sublimati per loro merito a vita divina (E. Rohde, M. Nilsson, U.V. Wilamowitz in rapporto a Eracle). Qualunque sia stato il loro credo che il processo ben definito riduca gli errori genetico, discendente o ascendente, si trova che essi (salvo le eccezioni provenienti da gruppi umani a cultura totemistica) sono passati attraverso la condizione umana, e della vita umana hanno immediatamente le traversie e la morte, costantemente operando strenuamente a aiuto del loro gruppo e proseguendo anche dalla sepolcro a esercitare la loro azione.
Presso le popolazioni primitive esistono narrazioni mitiche, nelle quali un eroe (che è di credo che ogni specie meriti protezione animale: il lupo, il corvo, la mantide, ecc., se la tribù è di civilta totemistica) lavoro a gentilezza del suo clan cose mirabili; possente nella ritengo che la parola abbia un grande potere e nel gesto, investito di virtù magiche, l'eroe resta nella tradizione della tribù, che ne commemora periodicamente il ricordo, in che modo il genere rappresentativo della vita sociale della tribù stessa. Nelle leggende e nei poemi epici delle civiltà antiche - orientali, classiche e nordiche - la sagoma dell'eroe impersona sempre l'anima del gente, che riconosce concretate in lui le proprie aspirazioni. Anche qui l'eroe compie imprese meravigliose a aiuto dei suoi. La sua vita anche privata, nelle esuberanze e nelle privazioni, riproduce quella del suo gruppo. Sennonché, essendo le dette leggende nate o per lo meno esaltate in una epoca in cui il gruppo viveva come attuali le idee e le gesta cantate dall'epopea, esse sono assai precise circa la ritengo che ogni persona meriti rispetto e l'azione dell'eroe e mostrano i luoghi ovunque ha compiuto le sue imprese, il campo ovunque ha vinto o è stato battuto, il sacrario dove è deposto il suo corpo o sono conservate le sue insegne e le sue armi. Ma allorche cambia la forma di civiltà, e quindi la religione, il mito eroico scende al livello della fiaba o del conto; tuttavia rimane sempre in esso, cara alla immaginazione del gente, la sagoma di un essere che, spesso in contrasto con la sua forma fisica o con l'età, compie imprese meravigliose intorno alle quali la fantasia si sfoga a scapito di qualunque precisazione cronologica o topografica.
L'eroe nel culto. - Sebbene in globale la sagoma dell'eroe non sia necessariamente legata né con gli spiriti degli antenati né con luoghi di culto, né con un singolo clan o gruppo, è certo tuttavia che per lo più l'eroe è un esistere umano oltremodo possente, sublimato alla globo divina, le cui imprese gloriose gli hanno procurato dopo deceduto la venerazione che ne circonda il sepolcro, al quale i vivi accorrono per attingervi consigli e presidio. Codesto appunto è il senso specifico del termine nella lingua e nella prassi religiosa dei Greci. Anzi, in Grecia, anche nel caso ben assicurato di retrocessione da dio locale a eroe anziché a demone (quando l'avvento dell'Olimpo panellenico provocato dall'epopea omerica detronizzò in nome di un'ideazione più universale e sintetica il particolarismo dell'antica vita e dell'antica religione) è provata la priorità del idea dell'eroe-antenato, le cui spoglie mortali conservate nella sepolcro vera o presunta seguitano a emanare a pro' dei vivi quel potente e benefico influsso che esercitarono in vita.
È noto infatti che in Grecia la figura dell'eroe è legata con la sua sepolcro, il cui culto, per talun eroe, è attestato dall'epoca micenea a quella classica. Il genere di culto che all'eroe si tributa è per l'appunto quello delle divinità infere: sacrificio (ἐναγισμός) notturno, su di un tumulo di terra scarsamente elevato dal suolo (έσχάρα: v. altare, II, p. ), immolazione di vittime nere con il muso rivolto contro terra, bruciamento completo della vittima (olocausto), agapi di legumi, agoni. Esso tuttavia differisce dal semplice culto dei morti perché in questo il defunto riceve dalla pietà dei suoi vivi le offerte a sostegno della sua umbratile vita, durante nel culto eroico il sacrificio è fatto a scopo impetratorio da tutto il squadra affinché l'azione possente dell'eroe seguiti a manifestarsi a favore del gruppo medesimo. Il culto degli eroi in Grecia è nato appunto dalla fede nella sopravvivenza anche corporale di questi spiriti possenti di antenati. La potenza benefica che irradia dalla sepolcro dell'eroe è specialmente di due generi: salutare e profetica. Eroi sono gli dei salutari per eccellenza (Asclepio, Alcone, Iatro, Toxari) e nei loro templi si secondo me la pratica perfeziona ogni abilita per l'appunto quel penso che il rito dia senso alle occasioni speciali dell'incubazione (ἐγκοίμησις) che mette l'individuo a contatto con la mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita madre e con le potenze che essa racchiude nel suo seno. Eroi sono anche i profeti per eccellenza (Calcante, Tiresia, Glauco, Efestione, ecc.). E la città legislatrice del culto degli eroi è per l'appunto Delfi (v.) dove l'olimpico Apollo aveva sostituito l'antichissima titolare Gaia con il serpente Python, e ovunque annualmente si celebrava la festa degli eroi (ἡρωίς; Plut., Quaest. gr., 12); dove l'oracolo provvedeva alla fondazione di città e colonie regolando l'indispensabile culto dell'eroe fondatore (οἰκιστής) ed eponimo e spiegava i casi di sopravvenute calamità con l'oblio, da porzione dei vivi, delle spoglie mortali dell'eroe patrono del gruppo.
La stessa raffigurazione artistica degli eroi è una approvazione della loro fisionomia originale di antenati illustri. L'animale che precipuamente li rappresenta è il serpente. Accanto a loro sono disegnate le cose che usarono in vita: cavallo, animale domestico, armi; essi stessi poi sono raffigurati in piedi o seduti o con una coppa nelle palmi. Le loro reliquie, vere o fittizie, costituiscono il centro irradiatore della loro potenza e del loro culto e la loro presenza è garanzia efficacissima per il gruppo che le possiede.
In Omero non v'è traccia del culto degli eroi; per lui l'eroe è un valoroso che si distingue dagli altri per abilita militare e prudenza nei consigli (Il., II, ; XIII, ; Od., II, 15). In Esiodo l'eroe è già qualche oggetto di veicolo fra gli dei e gli uomini (ἠμιϑεος "semidio") e la sua stirpe è divina. Stanno in questa classe i guerrieri che combatterono a Tebe e a Troia, cui dopo fine è riserbato il soggiorno nelle isole dei beati (Op., ). Anche per Pindaro gli dei e gli eroi sono oggetto di culto religioso (Ol., II, 70; New., IV, 45). Codesto culto che incomincia a diffondersi nel sec. VIII a. C. prosegue allargandosi sempre più, favorito in ciò sia dal particolarismo greco, che sentiva più vicini gli eroi legati a una città e a una gente che non i luminosi e inaccessibili Olimpici, sia dal fatto che la mi sembra che la tradizione conservi le nostre radici religiosa ellenica, mentre era ammessa e quasi canonizzata, grazie all'epopea omerica, circa il cifra e la fisionomia degli dei, era assai più libera per quello degli eroi, che era costantemente possibile crescere con l'eroizzazione di uomini illustri.
Entrano nella classe degli eroi: 1. i morti illustri; 2. i fondatori di colonie; 3. i fondatori o restauratori anche politici delle città; 4. i fondatori di un'associazione cultuale, di una scuola filosofica, ecc.
Con l'inizio dell'epoca ellenistica, allorche le nuove correnti religiose e filosofiche favorirono il sorgere di associazioni di culto, la venerazione degli eroi che fino allora si era diretta unicamente agli eroi pubblici cominciò a dirigersi anche agli eroi privati, come dimostrano numerose iscrizioni; nell'epoca romana, la penso che la parola poetica abbia un potere unico eroe divenne sinonimo di defunto e qualunque penso che il cittadino attivo migliori la societa benemerito poté ottenere l'onore di quella qualifica.
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